rants

Random rants and thoughts about my activities in and for the Free Software community.

A poem for the ‘pragmatists’

August 1st, 2006

I saw this comment of Rui Miguel Sebra and I think it is good to spread 🙂 

First they took our freedom in Tivos, and I did not speak out
because I would not buy a Tivo;
Then they took our freedom in XBox, and I did not speak out
because I was not a gamer;
Then they came for the MacIntels, and I did not speak out
because I was not a Apple Fanboy;
Then they came for the Appliances, and I did not speak out
because they either work better or I use "Open Source";
Then they came for the PCs
and there was no one left to speak out for "Linux" users.

First published in a slashdot comment.  For the curious, I suggest also that you read the wikipedia entry about the original poem.

Jabbin looking for beta testers and packagers

July 31st, 2006

I have been asked to relay this information and I happily do so:

The Jabbin project is looking for packagers and testers.  Jabbin is a multi-platform Jabber free software client, adding VoIP feature (it is possible to speak with GTalk users) and a new friendly UI .

They have released a new version and would like to focus more on GNU/Linux adding more support and documentation for it.

At the moment they have only the rpm package for SuSE, but more packages are necessary: Debian, Fedora and Ubuntu, at least.

To collaborate please contact the developer Stefano Grini via jabber JID stefanogrini@jabber.org

Beyond ‘open standards’

July 19th, 2006

I am dealing with a paper about standards and Free Software and I’ve found out that the term ‘open standard’ is a very common term in literature (and commercial advertising).  According to most of the definitions I found, an ‘open standard’ can be patented and, at best, subject to RAND licensing policies.  This translate into ‘open standard _can_ be impossible to implement in Free Software’.

Now, since I am summarizing in this paper what defines a standard that is implementable in Free Software, it would be nice to propose also a term that is non controversial like ‘open standard’. 

Free standard is not good: I don’t think it’s savvy to replicate the fight between ‘open’ and ‘free’.  A friend whispered ‘non discriminatory standard’ but he agrees that the negation at the beginning is less than optimal.  I couldn’t think of any more solutions, so I ask here two questions: 

1) does it make sense to introduce in the Free Software community a new term that is non-controversial and more precise than the generic ‘open standard’?

2) if yes, what would that term be?

Any suggestion appreciated. Please comment here or on the list Discussion where I posted this same message and I will summarize any useful result.

Explaining how DRM works

July 12th, 2006

 There are many descriptions online of how DRM (digital restrictions management) work, but few images actually try to picture a real life scenario. These images have been modeled after a simple scenario described in the Digital Media Project, the people that is trying to develop an interoperable DRM. I have used the use case n. 8 (Personal Photo) from the Approved Document No. 4 – Technical Specification: Use Cases and Value Chains to help Fellows explain why Free Software is incompatible with DRM, no matter what others say.

Get the file from here and let me know what you think, if it is correct and how to improve it.

Cursing in Italian

July 11th, 2006

After Zidane trying to stop Materazzi’s heart, Liberation tries to suggest some ‘bad words’ in Italian in this mp3 file…  How disappointing, it is repetitive and boring.  I can do better as Georg and kyrah know 😉

Video su GPLv3 e TC/DRM

July 7th, 2006

Sono stati pubblicati i video della giornata di studi sul "trusted computing" (ma a noi piace chiamarlo Treacherous Computing ovvero Computer Truffaldino).

Free Software Business, debate still growing

June 20th, 2006

While the discussion is still going on this list, 451 Group this morning asks again to define Free Software Business.  Yes, a definition is needed.  The debate on this entry is not over yet 🙂

FSFE, nodo di una rete

June 20th, 2006

La comunità è ampia e variegata, il che è un valore ma anche una debolezza.  Questo vuol dire che bisogna scegliere con cautela gli interlocutori da invitare ai tavoli di discussione importanti.  FSFE non è la comunità del sw libero, non la rappresenta e non intende rappresentarla.  FSFE rappresenta solo FSFE, ed è un nodo di una rete di persone e gruppi che si riconoscono nel GNU Manifesto.

Per quanto riguarda FSFE, siedere a tavoli dell’ONU e del WIPO è parte delle attività istituzionali, nonostante si parli di ‘proprietà intellettuale’.  Qui si trova l’elenco delle attività che FSFE ha condotto in seno al WIPO da quando FSFE è stata ammessa alle riunioni come osservatore.

Per le attività nel WSIS invece si legga
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/wsis/wsis.it.html


Per le azioni con la Commissione Europea si guardi:
– l’azione conclusa sul FP6
<!– D([“mb”,”http://www.italy.fsfeurope.org/projects/fp6/fp6.en.html e
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/eucd/eucd.it.html
– l\’impegno in corso sul processo antitrust
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/ms-vs-eu/ms-vs-eu.it.html
e il dossier pubblicato su GNUvox
http://www.gnuvox.info/index.php/2006/05/01/dossier_ue_microsoft_la_chimera_dell_int
– l\’attività in corso per prevenire danni dalla direttiva IPRED (Ciaran
O\’Riordan si occupa di influenzare la legislazione a Bruxelles, pagato
grazie alla generosità dei Fellow di FSFE)
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/ipred2/ipred2.en.html
– e, come quest\’ultima, anche la nota attività anti-brevetti condotta in
coordinazione con FFII (a Bruxelles Ciaran lavora nello stesso ufficio
con FFII, con contatti quotidiani)
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/swpat/swpat.it.html
– EIPA (www.eipa.nl) ci ha contattati per organizzare con loro un
seminario sul sw libero per la PA
“,1] ); //–>http://www.italy.fsfeurope.org/projects/fp6/fp6.en.html e
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/eucd/eucd.it.html
– l’impegno in corso sul processo antitrust http://www.italy.fsfeurope.org/projects/ms-vs-eu/ms-vs-eu.it.html
e il dossier pubblicato su GNUvox

– l’attività in corso per prevenire danni dalla direttiva IPRED (Ciaran O’Riordan si occupa di influenzare la legislazione a Bruxelles, pagato grazie alla generosità dei Fellow di FSFE) è su
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/ipred2/ipred2.en.html
– e, come quest’ultima, anche la nota attività anti-brevetti condotta in coordinazione con FFII (a Bruxelles Ciaran lavora nello stesso ufficio con FFII, con contatti quotidiani)
http://www.italy.fsfeurope.org/projects/swpat/swpat.it.html
– EIPA (www.eipa.nl) ci ha contattati per organizzare con loro un seminario sul sw libero per la PA

Evidentemente queste attività possono essere annunciate e comunicate solo per sommi capi, trattandosi di trattative molto delicate, condotte sulla base di fiducia personale dei membri delle istituzioni (funzionari assunti a tempo indeterminato). È evidente che non è facile cambiare i vertici dell’associazione ogni due anni.  FSFE ha obiettivi di lungo periodo e ha una struttura democratica al suo interno, con decisioni preso per consenso o voto, regolari elezioni degli organi direttivi ecc.

Condizione per l’accesso è la *fiducia* del resto del gruppo, perché il lavoro in FSFE procede praticamente per automatismi: telefonate, brevi
email e si procede in modo rapido, efficiente ed efficace.  Certo perfettibile.  Se ci fosse una struttura aperta alle iscrizioni allora FSFE dovrebbe somigliare ad un partito politico, e allora il budget
snello –e ridicolo– che abbiamo ora (120k euro per il 2005 –l’ufficio pubblicherà questi dati dopo Barcellona) non basterebbe più, evidentemente, e andrebbe speso per mantenere una struttura burocratica di controllo.  Il dibattito interno in FSFE esiste su questo punto, come è normale, ma onestamente non è un discorso banale.

Recentemente Cristian Rigamonti, Patrick Ohnewein e Antonella Beccaria sono stati inclusi nel team europeo, dopo lunga collaborazione nel team italiano.  Altri ricambi e aggiunte sono possibili, anzi le auspichiamo.

FSFE è perfettibile in molti sensi, e il dibattito interno è pure alto. Però svolge le sue attività in modo abbastanza trasparente (anche questo
<!– D([“mb”,”mensile delle attività dei membri viene redatto, tradotto e pubblicato
da volontari, nonostante non venga inoltrato su questa lista (per motivi
che ignoro).

> Il risultato è che persino quei gruppi che sarebbero naturali alleati
> delle cause di questa comunità,

In Italia la rissa la dò per scontata, anche non ho mai capito perché.
Le statistiche
danno quadri sconfortanti: Linux Counter, Italy 66 Lug, Germania 52.
Germania: abitanti ~83milioni 230 ab/kmq, Italia  abitanti ~58milioni,
192 ab/kmq.)

Grazie dell\’opportunità di raccontare un po\’ FSFE.
A presto,
stefano

“,1] ); //–>è perfettibile) con comunicazioni costanti e puntuali. Un bollettino mensile delle attività dei membri viene redatto, tradotto e pubblicato da volontari, nonostante non venga inoltrato sulla lista discussioni@softwarelibero.it (per motivi che ignoro).

Gaming under stars, a Vigoleno

June 15th, 2006

Il LUG Piacenza  sta organizzando una serata di videogiochi su GNU/Linux.  Divertente.  Ci saranno Fellow partecipanti? Magari ci facciamo un salto insieme? Sono una schiappa coi videogiochi, avendo superato da tempo l’età giusta, ma mi incuriosisce anche solo guardare 🙂

Maggiori info sul wiki

Dove sta il Free Software Business?

May 30th, 2006

Troppa gente pensa che Free/Libre software sia la soluzione a tanti problemi, incluso il problema del nanismo delle software house nostrane. Credo che inquadrare il problema in questi termini sia sbagliato e non può che portare a conclusioni imprecise.

Ne ho discusso tempo fa su questo blog con Simon Phipps. Simon ricerca la definizione di FSB intorno allo sviluppo di software, concentrandosi sull’aspetto di comunità:

[FSB] è un’azienda il cui modello di business dipende fortemente sul software ‘open source’ ed è anche positivamente coinvolta nel circolo virtuoso della comunità da cui il software è derivato.

Usando questa definizione è facilissimo escludere Amazon, meno banale è classificare Google. Google contribuisce allo sviluppo del kernel Linux e di grosse parti del progetto GNU, di python. In più finanzia la Google Summer of Code e tanti altri progetti e librerie come AJAX. Ma è sufficiente per dire che Google è una FSB?

Essendo una media company il suo modello di business non dipende tanto dalla licenza del software che usa internamente ma dalla quantità di persone che usa i suoi servizi. Eppure è difficile immaginare Google senza i suoi cluster GNU/Linux. Il dubbio resta.

La mia definizione invece si basa sul fatto che il Software Libero è un principio etico incorporato da alcune licenze: chiunque riceve un programma deve ricevere il diritto di usarlo, studiarlo, modificarlo e distribuirlo. Il SL non è un modo per sviluppare software tramite una comunità, anche se spesso si formano attorno ad alcuni programmi di successo comunità di utenti e sviluppatori. Secondo me è più corretto dire che FSB:

è un’azienda che accetta quotidianamente la sua responsabilità sociale di raggiungere la libertà nell’era digitale rispettando gli ideali contenuti nel Manifesto GNU.

Google rientra in questa definizione? No, basta fare il confronto: Piazza Tiananmen secondo Google Cina e la stessa ricerca secondo Google Italia. Anche Amazon resta esclusa. Però faccio subito notare che secondo questa definizione sono davvero poche le aziende includibili, al giorno d’oggi (ma posso dire che sono aumentate dal 2001).

Simon ha criticato la mia posizione dicendo l’argomento etico è soggettivo e richiede una certificazione di terzi per raggiungere l’oggettività. La critica è giusta ma anche un po’ debole: anche la sua definizione è soggettiva, visto che tramite quella Google non è immediatamente classificabile.

Paolo Bizzarri, in La guida del perfetto imprenditore di prodotti open source, porta alla luce problemi non banali, ma che sono in massima parte indipendenti dalla licenza del software. Per esempio, fa notare, giustamente che troppo spesso si sentono certi ‘appassionati di linux’ dimenticare che «sviluppare un prodotto un minimo complesso richiede soldi». E fin qui dico che non ci piove. Paolo però parte subito in quarta dicendo che dopo aver fatto un investimento di sviluppo l’azienda deve iniziare a vendere servizi. Ma l’errore grave nel suo ragionamento sta qui. Sarà la fretta o il mezzo (un messaggio email), ma Paolo salta un passaggio: nessun imprenditore può pensare di poter investire nello sviluppo di un programma costoso senza prima un modello di business solido.

L’unico prinicipio che questo modello di business deve soddisfare è quello di rispettare i principi del Manifesto GNU: contribuire a che la società (digitale) sia un posto migliore, in primis, e magari anche soddisfare i criteri di Simon, in secundis.

Se nel FSB manca la voce ‘vendita licenze’ dal capitolo ‘incassi’, non è una licenza proprietaria che risolve il problema del ripagare l’investimento. Mi ricordo per esempio a fine anni 90 un’azienda italiana che aveva sviluppato un editor HTML visivo con le funzioni di Dreamweaver e FrontPage 2 anni prima di questi. Ebbene, nonostante fosse un prodotto proprietario non ha avuto fortuna.

Il discorso di Paolo, comunque condivisibile, sembra essere indipendente dal modo con cui viene licenziato il software: se il prezzo dei servizi basati su SL dipende dal mercato, identicamente il prezzo delle licenze allo stesso modo la quantità vendibile del prodotto dipende dal mercato.

Alfonso Fuggetta invece pone domande altre domande. Chiede:

  1. Se non ho ricavi da licenze, posso comunque creare una azienda che sia in grado di sviluppare e distribuire un prodotto software basandosi solo sulla vendita di servizi?
  2. Il fatto che esista il software open source, abilita delle opportunità e dei modelli di business che altrimenti non ci sarebbero?

1) è ovvio che posso, ma la domanda è indipendente dal SL. È valida anche in altri casi, ovvero posso rifrasarla: è possibile immaginare (o ci sono esempi) di business basati programmi proprietari regalati e con ricavi dalla vendita di servizi? Certo che sì, mi pare banale: basta guardare Picasa o Real Player.

2) non credo ci sia letteratura scientifica che risolva questo dubbio. Ma il punto è chiedersi se con il sw proprietario, quello che non garantisce diritto di uso, studio, modifica e distribuzione senza alcun limite, è possibile garantire sviluppo globale e locale, partecipazione all’innovazione e creazione di valore. Il ragionamento è su due piani diversi e pare originare da incompresioni, magari influenzate da una letteratura molto poco scientifica. 

 Mi riprometto di tornare sul tema FSB presto, per chiarire meglio i tanti punti ancora oscuri sollevati dai post sul blog di Alfonso.