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Il 2% di dubbi sui brevetti software

Il prof. Fuggetta scrive nel suo blog un commento sui brevetti software e pone questioni fondamentali che tormentano non solo lui, ma anche altri.  Il professore è convinto “al 98%” che i brevetti banali siano un danno, ovvero che la piega presa dall’Ufficio Brevetti USA (USPTO) sia deleteria e le loro pratiche vadano fermate.  Come ogni persona saggia e intelligente il professore ha però dei dubbi (e chi non ne ha): si chiede perché alcune invenzioni nuove, mai viste prima e utili non dovrebbero essere brevettate per essere sfruttate economicamente dall’autore.  Porta due esempi, il primo è lo spreadsheet (il foglio di calcolo) introdotto da Dan Bricklin nel 1978, il quale non riuscì a farne un successo commerciale, superato da  Lotus 1-2-3 e poi Excel di Microsoft.  Fuggetta si chiede: «Non meritava Bricklin di sfruttare commercialmente la sua idea?»  La domanda è posta in modo subdolo e lascia intendere che Bricklin non abbia sfruttato commercialmente la sua idea il che è falso (come scrive lo stesso Bricklin sul suo sito).  Innanzitutto dobbiamo cercare di chiarire cosa è l’oggetto meritorio di tutela visto che il concetto introdotto da Bricklin è un’intuizione sicuramente originale, certamente utile, però non è possibile considerarla un’invenzione senza creare i danni di cui il professore è sicuro al 98%.   Bricklin pensa, studia (è uno studende MBA) e viene fulminato da un’idea mentre va in bicicletta in campagna.  Il prototipo (chiamato VisiCalc) viene sviluppato in pochi mesi, codice assembler su un Apple ][.  E’ evidente che il lavoro, lo sforzo intellettuale da remunerare non sta nella passeggiata in bicicletta, ma nei mesi di lavoro svolti in un sottotetto a scrivere codice.  Questo sforzo si è deciso ex lege illo tempore di coprirlo con il diritto d’autore: Bricklin e il suo socio hanno lavorato, hanno segretato l’oggetto del lavoro in codice binario e venduto il prodotto un tanto a scatola.  L’azienda (ha avuto tanti nomi, compreso VisiCorp) ha prosperato, il programma è stato portato su varie piattaforme e alla fine l’azienda è stata acquisita da Lotus Development Corporation.  Bricklin è stato un pioniere e ha avuto modo di guadagnare onestamente del suo lavoro di programmatore grazie al copyright. Il secondo caso che il professore propone è invece più interessante: i suoi colleghi al Politecnico di Milano hanno elaborato uno pseudolinguaggio basato su XML per generare visivamente siti web.  Qui mi chiedo di nuovo dove sta l’oggetto meritorio di tutela: nel codice, il CASE e l’interprete che dal XML genera il sito web oppure nell’idea di usare un descrittore generico di alto livello per ottenere in output un sito web?  Il dubbio del professor Fuggetta è che senza il brevetto una IBM qualsiasi potrebbe replicare il lavoro dei suoi colleghi (ricordo: vari anni uomo di lavoro) con programmatori cinesi e malesi e così distruggere l’azienda che commercializza il prodotto webml.  A me il discorso non torna: se davvero IBM ha bisogno delle funzionalità di WebML fa prima a fagocitare WebRatio che a investire anni di sviluppo in un prodotto dalle funzioni simili (brevetto o non brevetto è uguale).  Il discorso quindi non regge proprio.  Llo scopo del brevetto è tanto remunerare l’inventore quanto insegnare alla società come replicare l’invenzione.  Diamo un’occhiata insieme al brevetto depositato dai professori del Politecnico: Fuggetta indichi dove stanno le istruzioni per replicare la supposta invenzione.  Per replicarla servirebbero ugualmente 10 anni uomo ugualmente o no?  Allora cosa ha guadagnato WebRatio depositando il brevetto? Ha guadagnato la possibilità di licenziare il brevetto, il che non è poco effettivamente: visto che si può fare in USA perché non approfittare.  E cosa hanno guadagnato la società, le altre imprese, i consumatori e i cittadini?  Niente.  Anzi, ci stanno rimettendo.  Perché?  Basta pensare al fatto che se domani IBM o un altro volesse inserire in Eclipse (esempio a caso) un plugin sviluppato in proprio (anni uomo di lavoro) che realizzi un modello e un metodo per la specificazione, il progetto e la validazione di siti web non potrebbe farlo senza rischiare di essere portata in tribunale da WebRatio.  Il mercato perde quindi in concorrenza e possibilità di scegliere.  I brevetti software sono utili al mercato finanziario che è incapace di valutare monetariamente le innovazioni, specie se sono drastiche (vedi quanti anni ci sono voluti a Bricklin per far capire di aver avuto un’idea geniale) e sono utili agli avvocati brevettisti. Il brevetto è un monopolio temporaneo il cui costo sociale deve essere ridotto dall’insegnamento inventivo: nei brevetti software non c’è tale insegnamento per cui per me il discorso si ferma.  Tantomeno vedo premesse per ricominciarlo fino a che gli avvocati che vogliono i brevetti mi propongano delle alternative valide che lascino intatte le premesse del brevetto (quelle di B. Franklin) e si abbandoni il copyright per il software (i due istituti sono giuridicamente incompatibili).  Sono sicuro al 98% che non ci stanno neanche pensando 🙂