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Manifesto del Pubblico Dominio: Richard così non va

Il manifesto del pubblico dominio punta il dito contro l’uso del copyright proponendo una serie di misure da adottare per “liberare” il sapere (che dovrebbe essere di tutti) dalle sue pastoie.

L’iniziativa mi ha incuriosito ma, alla fine, non mi ha convinto e non ha guadagnato il mio sostegno.
Ho trovato il manifesto fuorviante, monco e redatto in modo poco accurato.

Ho letto con estremo interesse l’articolo di R.M. Stallman in proposito e, purtroppo, mi è piaciuto ancora meno.
Richard, questa volta, credo proprio abbia mancato il colpo.

Nessuno meglio di lui sa che quando ci si impegna a portare avanti una battaglia di civiltà e di libertà come quella riguardante la diffusione del sapere, bisognerebbe essere capaci di assumere delle posizioni ferme e precise.
Anche se scomode e non immediatamente “comprensibili”.
Il contraddittorio è costituito da un sistema di potere (soprattutto economico) consolidato e difficile da intaccare.
Quando mezzi di comunicazione e mercato (all’unisono) tendono a far vedere una sola realtà, questa diventa, per i più, l’unica realtà possibile e legittimata.
La gente non concepisce (non conoscendo) altro che quello “standard de facto“.

Incrinare ciò che è consolidato non è mai facile, soprattutto quando si agisce in minoranza e le uniche armi di cui si dispone sono le idee…
Per questo c’è bisogno di assumere posizioni ferme, quasi intransigenti, per mostrare agli altri che un diverso tipo di realtà è possibile.
E se si viene presi per folli idealisti… pazienza…

Con i dovuti e doverosi distinguo: quando Gandhi cominciò a parlare al suo popolo di resistenza non violenta contro l’oppressione inglese… non furono pochi quelli che lo presero per matto.
E forse matto lo era davvero visto che, seguendolo, il popolo indiano riuscì a vincere una guerra impossibile e senza alzare un dito…
Gandhi credeva in un’idea e quell’idea fu capace di trasmetterla. Fece breccia nelle coscienze.

Chi sostiene posizioni ferme ed intransigenti in materia di copyright, oltre che pazzo ed idealista, spesso viene tacciato di essere “talebano” e questo deve far riflettere (Stallman ne sa qualcosa).
Quanto pressapochismo e cattiveria ideologica (nonchè verbale) c’è in chi mira soltanto a mantenere una posizione di privilegio…?
Ancor di più deve far riflettere quando a parlare di talebanesimo sono coloro i quali hanno solo il gusto di sentenziare ma poca voglia (o nessuna) di approfondire un pò di più le questioni…

Poter sostenere una posizione “diversa“, invece, deve essere legittimo: significa essere liberi.
Difendere questa libertà è doveroso.

Bisognerebbe cercare di aprire delle piccole crepe nelle certezze della gente e poi in quelle crepe infilarsi per lavorare dal di dentro.

Il manifesto del pubblico dominio, a mio avviso, ha perso quest’occasione.
Paradossalmente sembra persino legittimare ciò che cerca di “combattere” perchè lo fa, come detto, in maniera poco accurata e, in alcuni punti, davvero superficiale.

Anche la FSF, per bocca di Stallman, ha perso un’occasione.
Troppo morbida la sua posizione.
Troppo accondiscendente ed indulgente.

Il manifesto del pubblico dominio, come evidenziato dallo stesso Stallman, affronta l’argomento come se, alla fine, volesse ottenere un contentino: che il materiale *non* sottoposto a copyright venga mantenuto “intonso”.
Non basta ed è un atteggiamento rischioso.
Questo avrebbe dovuto essere stigmatizzato.
Senza nessuna apertura ad eventuali modifiche e miglioramenti.
Che il segnale arrivi chiaro e forte se no si rischia di venir fagocitati da chi ha più mezzi, denaro ed appoggi politici.

Nel preambolo del manifesto si leggono una citazione di un brano di un discorso di Victor Hugo:

“Il libro, in quanto libro, appartiene all’autore, ma in quanto pensiero appartiene – senza voler esagerare – al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano, dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che la nostra unica preoccupazione è l’interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi…”

e una frase di James Boyle:

“Il pubblico dominio è l’ambito da cui estraiamo i mattoni con cui costruire la nostra cultura.”

Era proprio da lì che si sarebbe dovuti partire.
Peccato…

Per questo ho deciso di non sottoscrivere il manifesto.

Per questo non mi sono piaciute le parole di Stallman.

(Tratto da un’interessante discussione del forum di debianizzati)